Una giornata intensa, nella splendida cornice del Palazzo delle Stelline a Milano, trascorsa tra assaggi e chiacchiere con alcuni degli oltre 150 produttori presenti alla quinta edizione di Bottiglie Aperte, è stata un’ottima occasione per assaggiare o, in alcuni casi, riassaggiare alcune eccellenze della vitivinicoltura italiana.
La manifestazione che si è tenuta dall’1 al 3 ottobre era arricchita da un’area food, perfetto accompagnamento alle degustazioni con la salumoterapia dall’Emila Romagna, il Grana Padano, il cioccolato di Peyrano e di Odì e il salmone upstream di Claudio Cerati, oltre a 15 masterclass i cui ricavati verranno devoluti in beneficienza alle popolazioni colpite dal recente terremoto ed una giornata, lunedì 3, dedicata allo champagne con Louis Roeder, R. Pouillon, Jaquesson, Paul Bara e Mailly Grand Cru.
Il tempo è nostro malgrado sempre tiranno e non è stato possibile approfittare di tutte le belle occasioni che Bottiglie Aperte offriva, ma voglio riportare qui qualche impressione relativa ad alcuni assaggi fatti su e giù per il virtuale italico stivale magnificamente rappresentato in questo ormai classico appuntamento milanese.
Prima tappa in Franciacorta e primo assaggio all’azienda Ricci Curbastro. Di tradizione agricola fin dal XIII secolo, la famiglia Ricci Curbastro conduce quest’azienda di Capriolo di 32 ettari di cui, 27,5 sono coltivati a vigneto ed è inoltre presente un museo agricolo e del vino visitabile tutto l’anno. Mi ha colpito in particolar modo il Dosaggio Zero “Gualberto” 2008 da pinot nero e chardonnay; all’85% di vino dell’annata, viene aggiunto un 15% di vino di riserva conservato in bottiglie da 1,5 litri a 1 atmosfera che ottimizza il contatto lieviti/vino e consente di ridurre al minimo l’utilizzo di anidride solforosa. Il vino resta per almeno 60 mesi sui lieviti, acquistando grande eleganza e un bellissimo perlage fine e persistente. Fragrante e minerale con belle note fruttate, in bocca è cremoso, pieno e persistente.
Restando in Lombardia, eccomi in Oltrepo e precisamente all’azienda Prime Alture di Casteggio. Qui voglio citare il blanc de noir Io Per Te, Brut metodo classico da sole uve pinot nero che esprime con decisione il terroir di provenienza, con ottimo equilibrio tra i sentori fruttati, di frutta secca e di pane fresco.
Non ho poi resistito a riassaggiare un “must” di questo territorio: il “Noir” della Tenuta Mazzolino, pinot nero in rosso che rappresenta un punto di riferimento per questa tipologia di vino in Oltrepo. L’annata in degustazione era la 2013, che ho trovato di ottima complessità olfattiva, con un bell’ equilibrio tra il frutto ben delineato e la tipica speziatura del vitigno. E’ questo un vino che personalmente lascerei riposare nella mia cantina almeno per 4/5 anni, per poterlo bere al meglio della sua espressione.
Vigna Rionda (o Riunda, ossia rotonda) è uno dei principali cru del Barolo, a Serralunga d’Alba e da questa vigna l’azienda Figli Luigi Oddero produce il Barolo Vigna Rionda. L’annata in degustazione era la 2010, un’annata “da aspettare”. E’ un barolo austero, di grandissima struttura e concentrazione, elegante che col tempo promette di esprimersi ai massimi livelli della produzione.
Approdiamo ora in luogo magico: la Tenuta San Leonardo in Trentino. Di questa azienda di proprietà dei Marchesi Guerrieri Gonzaga non si può non parlare di “San Leonardo”, da Cabernet Sauvignon, Carmenère e Merlot è il pluripremiato purosangue della tenuta; di grande complessità ed equilibrio al naso, con i piccoli frutti rossi ad accompagnarsi a note balsamiche, tostate, di tabacco, pepe nero ed il tipico tocco erbaceo dei vitigni bordolesi, è pieno, rotondo , morbido all’assaggio, intenso e persistente, in una parola: aristocratico.
Sempre in Trentino, delle Tenute Lunelli, ho assaggiato il Montefalco Sagrantino “Carapace” 2011… vedo già le vostre espressioni perplesse… niente paura, non sono impazzito: alla famiglia Lunelli fanno capo tre tenute, la terza delle quali, la Tenuta Castelbuono, acquisita nel 2001, distribuisce i suoi trenta ettari tra i comuni di Bevagna e Montefalco. Il “Carapace”, che prende il nome dalla splendida cantina realizzata da Arnaldo Pomodoro, è un sagrantino in purezza frutto di una sapiente selezione delle migliori viti dell’azienda che matura per due anni in grandi botti. Frutti di bosco in confettura e sotto spirito, liquirizia , tabacco e cacao anticipano un sorso caldo e potente, con tannini decisi ma eleganti e levigati.
Merita poi una menzione il Lugana 2015 de “La Collina Dei Ciliegi”, azienda veneta nata dalla passione dell’imprenditore Massimo Gianolli,; nonostante la produzione di questa azienda sia incentrata soprattutto sui tipici vini veronesi, mi ha però piacevolmente sorpreso questo vino morbido, corposo, ampio all’assaggio e di ottima persistenza.
Colli di Luni è una DOC interregionale che comprende le province della Spezia e di Massa Carrara e Ca Lunae della famiglia Bosoni ne è sicuramente uno dei fiori all’occhiello. Il Colli di Luni Niccolò V è un rosso da uve Sangiovese, Merlot e Pollera Nera; matura in barriques per 18 mesi ed esprime grande personalità e vigorosità. Complesso al naso è avvolgente e caldo in bocca ed anche in questo caso siamo di fronte ad un vino con un notevole potenziale di affinamento, da lasciar tranquillamente riposare in cantina per qualche anno.
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi “Tardivo ma non tardo” 2013 dell’azienda Santa Barbara, da uve leggermente surmaturate, esprime un’eccezionale equilibrio tra l’opulenza della frutta tropicale e dell’agrume, la freschezza ed una spiccata mineralità che rende la beva estremamente piacevole fin d’ora ma che suscita una certa curiosità sull’evoluzione che questo vino potrà mostrare tra un paio d’anni.
Dal comune di Spoltore in provincia di Pescara arriva invece “Spelt”, una riserva di Montepulciano d’Abruzzo della Fattoria La Valentina. Il 2012 ha un colore rosso rubino intenso, quasi impenetrabile, con riflessi violacei; anche il naso colpisce per intensità e complessità con note che vanno dal floreale ai frutti rossi croccanti, dalla liquirizia ad una vena minerale molto piacevole. Il sorso è di grande corpo e spessore tannico, lunghissima persistenza e finale minerale.
Da una contrada di Menfi in provincia di Agrigento vengono le uve di sauvignon blanc per “Urra di Mare” di Mandrarossa, brand top-range di Cantine Settesoli. I vigneti, nella zona del fiume Belice, degradano fino al mare, beneficiando così delle fresche brezze marine, importantissime per la sanità del raccolto. Questo Sauvignon Blanc si caratterizza per i sentori di frutta tropicale e agrumi, basilico e menta che subito ci raccontano del clima particolare in cui questo vitigno cresce. In bocca è sapido, leggermente iodato, intenso, molto piacevole.
Sempre dalla Valle del Belice, da Gibellina, arriva invece un vino da un vitigno autoctono siciliano: il Catarratto di Tenute Orestiadi. Vino mediterraneo, dal bouquet delicato, di frutta a polpa bianca e buona mineralità, possiede una discreta morbidezza che ben ne bilancia la freschezza.
Tante le etichette e le occasioni di cui avrei voluto approfittare; purtroppo come già detto il tempo è sempre tiranno ma viste la qualità delle aziende presenti e l’ottima organizzazione, non ho dubbi che Bottiglie Aperte continuerà ad essere un appuntamento di grande appeal per tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori; prometto quindi che farò di tutto il prossimo anno per riuscire a partecipare almeno a due delle giornate previste così da poter dare un scorcio decisamente più completo ed esaustivo non solo del banco di degustazione ma anche di tutte le iniziative che completano questa ottima manifestazione.
Luca Vittori
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