Italia del Vino - Expo 2015
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(09/06/2014) - Concluso il convegno organizzato dal Consorzio Valtènesi durante Italia in Rosa 2014

Tutte le conclusioni sul tema “L’importanza di chiamarsi Valtènesi”.

Concluso il convegno organizzato dal Consorzio Valtènesi durante Italia in Rosa 2014

“L’importanza di chiamarsi Valtènesi”- 07-06-2014

L’identità della Valtènesi va sempre più affermandosi sulla base di parametri identificativi che devono diventare il nuovo linguaggio per comunicare il territorio ed il suo vino. E’ il messaggio emerso dal convegno “L’importanza di chiamarsi Valtènesi”, che ha tenuto banco a Moniga del Garda in occasione della VII Edizione di Italia in Rosa, chiusa all’insegna di uno straordinario successo di pubblico nella serata di domenica 8.

Obbiettivo dell’incontro era proprio quello di raccontare la storicità della Valtènesi, nonché l’identità di un territorio nel quale la produzione vitivinicola ha sempre avuto un ruolo fondamentale non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociale e culturale.

“Questo convegno ha per noi un valore fondativo estremamente importante – ha spiegato Alessandro Luzzago, presidente del Consorzio Valtènesi, nel suo intervento introduttivo -. Abbiamo cominciato a chiamare i nostri vini con il nome del territorio solo da tre vendemmie, eppure l’attenzione che stiamo riscontrando ci fa pensare che si siano create le basi perché la Valtènesi abbia una grande chance, che deve avere come presupposto fondamentale la sinergia con gli amministratori. Anche noi produttori dobbiamo però fare la nostra parte, trovando una nuova compattezza sotto un nome che rappresenta non solo il nostro prodotto, ma anche la nostra storia”.

Conferme in questo senso sono arrivate dalla professoressa Carla Boroni, docente di lettaratura moderna dell’Università Cattolica di Brescia, che ha ricordato le origini tra storia e leggenda del toponimo sottolineando come il nome Valtènesi appaia per la prima volta in documenti ufficiali nel 1145, e poco dopo nel 1221 e 1382
“Il territorio ha una lunga storia ma è rinato a vita nuova nel X Secolo, con l’emergere dei Comuni che rivendicano sempre maggiore autonomia – ha spiegato la professoressa Boroni -. La struttura è da subito fortemente collegata, e questo viene riconosciuto nel 1426 quando la Valtènesi diventa una delle sei Quadre sotto il dominio veneto. Questo è un territorio che si è mosso sempre in grande autonomia, nel quale si ha notizia della presenza dell’uva fin dall’età del Bronzo. E proprio il vino, da sempre sovrano nella zona, ha consentito la ripresa dell’economia dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale grazie a manifestazioni come la Fiera della Valtènesi a Polpenazze. Ed oggi il Chiaretto di Pompeo Molmenti, assaggiato anche da Giosue Carducci, è diventato il più importante ambasciatore di questa terra”.

La scelta così recente del Consorzio Valtènesi di collegare il nome del territorio al vino si inserisce in una consuetudine che ha radici in tempi lontani, in quanto già nell’antichità era consolidato il concetto di vino come espressione del territorio. Ne ha parlato Lorenzo Colombo, esperto degustatore, il cui excursus storico è partito addirittura da Omero che già citava il “vino d’Ismaro” spigendosi anche a tracciarne una descrizione organolettica.

“Fin dalla nascita delle AOC francesi è apparso evidente che il vitigno ha avuto un ruolo secondario rispetto al territorio nell’identificazione di un vino – ha spiegato Colombo -. Valtènesi sotto questo punto di vista dovrà arrivare a contenere il suo vitigno autoctono (Groppello) come già in provincia di Brescia accade in Franciacorta e Lugana. Anche se all’interno del territorio ci sono condizioni climtiche e di suolo diverse: ma questo può essere un punto di forza perché identificarsi sotto un unico nome non significa forzatamente produrre vini fotocopia. La forza deve essere il concetto di non imitabilità, l’impossibilità di riprodurre altrove un determinato patrimonio di profumi e di sapori. Soprattutto poi una Doc deve trasferire il territorio nel bicchiere. I punti di debolezza del Valtènesi? La sovrapposizione con troppe denominazioni. Il modello per il Valtènesi dovrebbe essere il vicino Lugana: un nome, un territorio, un vino di grande successo, ma anche un fenomeno che, pur con tutte le differenze, potrebbe essere replicato anche qui”.

Questo può essere senza dubbio una sorta di mandato per il futuro, che come prima tappa riserva l’appuntamento di Expo 2015, particolarmente strategico per un’area a forte vocazione turistica come la Valtènesi. Di questo ha parlato Isidoro Bertini, sindaco di Manerba e presidente della commissione studio Expo della Provincia di Brescia, che ha delineato una sintesi dei progetti presentati dal sistema Garda in vista dell’esposizione internazionale.
“Il punto centrale di coordinamento è costituito dalla Camera di Commercio per tutte le iniziaitive del territorio, acquistando sei giornate, una al mese, in cui verrà presentata Brescia, la provincia e le sue produzioni – ha spiegato -. La Provincia di Brescia ha strutturato una propria commissione per raccogliere tutte le richieste: oltre 80 le associazioni ascoltate che hanno presentato altrettanti progetti. La provincia è stata suddivista in sette zone e ogni zona è stata caratterizzata da un macroprogetto basato su due fili conduttori, l’acqua ed il prodotto agroalimentare. Il progetto Garda nasce dall’idea di un'unica proposta enogastronomica che si identifica attraverso i due vini simbolo della zona, il Lugana ed il Chiaretto. Ci sarà una proposta agli ospiti di Expo per una manifestazione che coinvolgerà tutto il territorio nelle serate di giovedì, inserita in un più ampio contenitore culturale nell’ambito del quale il Garda non ha nulla da inventare ma solo da valorizzare ciò che già esiste”.

Di certo c’è che l’ottava edizione di Italia in Rosa, il prossimo anno, rappresenterà l’evento di partenza delle manifestazioni del lago per Expo 2015, per un circuito che poi legherà tutti gli eventi del bacino. Quindi una tappa fondamentale, come ricordato dal presidente della manifestazione Luigi Alberti.
“Le testimonianze e le conferme che abbiamo anche all’estero, dove Italia in Rosa viene ormai considerata come una delle più importanti manifestazioni dell’area benacense al livello della conosciutissima Centomiglia velica, ci spronano a continuare con il lavoro compiuto in questi anni – ha spiegato Alberti -. Siamo già al lavoro perché la prossima edizione possa rinnovare il profilo della manifestazione rilanciandone i presupposti vincenti sotto il profilo promozionale”.

Da Bertini anche un avvertimento sulle insidie che potrebbero in qualche modo portare a spinte contrarie rispetto alle tendenze aggregative attuali in Valtènesi, cosa che potrebbe risultare quantomeno dannosa per un territorio che, con 1,5 milioni di presenze, rappresenta il 30% del mercato turistico della sponda bresciana del Garda.
“Vanno contenute certe spinte disgregative che potrebbero far risorgere antichi e dannosi campanilismi – ha detto-. Abbiamo tra le mani un’unicità straordinaria che dobbiamo difendere fino in fondo attraverso un’unità d’intenti che deve partire dal basso”.

Particolarmente significativo, in chiusura, il messaggio inviato al pubblico del convegno dal Ministro per le politiche agricole Maurizio Martina, che avrebbe dovuto essere fra i relatori del convegno ma non ha potuto partecipare a causa di sopraggiunti impegni istituzionali.
“Vi ringrazio per il gradito invito al convegno di ‘Italia in rosa’, ‘L’importanza di chiamarsi Valtènesi’, ma purtroppo non potrò essere presente per impegni sopraggiunti – ha scritto il Ministro-. Mi dispiace molto di non essere lì con voi, ma vorrei comunque esprimerVi il mio più sincero apprezzamento per questa importante iniziativa che ha il merito di dare risalto in modo così significativo a un territorio e a una storia unici. Le attività del Consorzio per la tutela e la valorizzazione di queste pregiate produzioni vitivinicole e la promozione dell’identità della Doc Valtènesi sono fondamentali per il tessuto sociale, economico e culturale non solo di quest’area ma di tutto il Paese, che trova in questi vini un’ulteriore conferma della qualità, della peculiarità e della varietà del nostro patrimonio enologico.  Una manifestazione come ‘Italia in rosa’, che costituisce ormai un punto di riferimento a livello nazionale per il mondo dei rosè, ha un ruolo davvero rilevante e sono convinto che il suo successo sia stato ottenuto proprio grazie allo straordinario impegno di tutti quelli che lavorano a questo progetto”.


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