Una cosa è certa, il vino naturale incuriosisce un pubblico di appassionati sempre più ampio. Ad attrarre è lo stile originale dei vini, spesso lontani dagli schemi del bere canonico (o 'convenzionale', come viene anche definito), che si manifesta in assaggi che a volte fanno discutere ma che raramente risultano banali o lasciano indefferenti. Non si tratta però solo di una questione di naso e palato, il messaggio che giunge a chi si interessa di vino è che la vera originalità di questi prodotti sta a monte e ha a che fare con l'artigianalità del vignaiolo/contadino, con metodi agronomici rispettosi della natura e con interventi in cantina ridotti al minimo. Un approccio differente, quindi, fatto di lieviti indigeni, macerazioni, biodinamica, abbandono della solforosa, tutte scelte indirizzate a proporre al pubblico un bere che vuole essere più autentico, genuino e, perchè no, sano.
I motivi di fascino per gli appassionati ci sono tutti e non è un caso se le manifestazioni dedicate al vino naturale siano in aumento. L'ultima in ordine di tempo ha avuto la sua prima edizione il 25 e il 26 Maggio al Monastero del Lavello vicino a Lecco. Alla rassegna, intitolata Io Bevo Così, hanno preso parte un centinaio di produttori di vini “biologici, biodinamici e naturali” provenienti da tutta Italia, oltre a qualche ospite francese.
Lombardia Folta, ovviamente, la pattuglia dei produttori lombardi a cominciare dalla Franciacorta di Casa Caterina, Il Pendio e Cà del Vent. Una sala dell'antico monastero era dedicata ai vignerons valtellinesi e ai nebbioli simbolo della nouvelle vague di questo territorio: il Rocce Rosse di Arpepe, il Valtellina Superiore Riserva e lo Sorzato di Dirupi, i Valgella di Fay. Curioso il caso del Nebbiolo e del Pinot Nero di Zanolari che in Italia quasi non si possono trovare perchè venduti per lo più in Svizzera. Vini di montagna, dalla grande finezza olfattiva e dal sorso austero ed elegante.
Alto Adige Ancora vini di montagna - quelli proposti dai vignaioli alto-atesini - ma in questo caso per la maggior parte bianchi. Freschezza e sapidità nel Sylvaner e nel Veltliner di Garlider, colore ambrato e intensità aromatica nel Caroline - uvaggio di Chardonnay, Viognier, Manzoni Bianco e Sauvignon - proposto da Martin Gojer-Pranzegg. Stile originale nei bianchi presentati da Radoar, il Muller-Thurgau Etza e il Kerner Radoy, quest'ultimo vinificato con un residuo zuccherino stile Mosella.
Piemonte Molti anche gli espositori piemontesi. Tra questi Cascina Ebreo, l'azienda di Novello di proprietà di Romy e Peter Weimer, trapiantati da vent'anni nelle Langhe per produrre vino. Il loro Barolo fu bocciato dalla commissione per l'assegnazione della docg, da lì la decisione di imbottigliarlo come vino da tavola e la scelta del nome in etichetta: Torbido!. Una storia tutt'altro che inconsueta nel panorama dei vini naturali, ma che suona giusto come un aneddoto divertente quando si assaggia un vino che è elegante, solare, ricco di materia e polpa.
Toscana Spostando gli assaggi verso sud ci si poteva imbattere nel Brunello di Montalcino di Pietroso, perfetto esempio di un vino naturale pulito, profondo e di grande finezza.
Sicilia Notevoli anche i prodotti provenienti dalla Sicilia. Il Quota 600, Nerello Mascalese vinificato da Graci sulle pendici dell'Etna, dall'impronta mediterranea ma dalla freschezza quasi borgognona. Il Bianco Pomice, uvaggio di Malvasia e Carricante prodotto a Lipari da Tenuta di Castellaro, vino fuori dagli schemi che coniuga morbidezza e profondità con un nerbo acido che fa pensare a latitudini molto più nordiche.
Campania Continuando l'esplorazione si poteva incappare in un altro esempio di vino mediterraneo dagli spiccati tratti di originalità: il Lucno, Piedirosso in purezza vinificato in anfore di terracotta da I Cacciagalli, giovane azienda dell'Alto Casertano.
Francia La rassegna di Calolziocorte è stata anche l'occasione per assaggiare alcuni prodotti provenienti dalla Francia. La Borgogna aveva un rappresentante di prim'ordine in Philippe Pacalet, artigiano del vino e révélateur de terroirs (come si definisce), il cui Chambolle-Musigny esprimeva la nitidezza e la facilità di beva che chi ha imparato ad amare il buon Pinot Nero ben conosce. Sempre Borgogna, ma questa volta in bianco, per gli chardonnay del Maconnais di Gilles Vergé (Viré Clessé e L'Ecart): vini complessi, evoluti, suggestivi e spiazzanti. Infine, nel chiostro principale del monastero era presente lo stand di Les Caves de Pyrène, uno dei principali distributori di vini naturali in Italia, che accanto ad alcune etichette nostrane (Fattoria San Lorenzo e Bonavita) presentava una selezione di prodotti di oltralpe: gli champagne di Marguet e di Demarne-Frison, lo Syrah del Rodano di Romaneaux-Destezet, profumato e dal frutto croccante, e - dalla Loira - gli Chenin Blanc di Domaine des Roches Neuves e di Renè Mosse (rispettivamente L'Insolite e Arena). Due vini, questi ultimi, che pur nelle loro diversità sono un coup de coeur per il dinamismo, la purezza, la sapidità, l'incessante vortice di sensazioni che rendono il sorso appagante e irresistibile.
Nel complesso quello che i numerosi partecipanti hanno potuto trovare nei chiostri del Monastero del Lavello è stato un ampio e variegato mosaico di vini, territori, persone; l'affresco di un fenomeno che forse non si può più definire nuovo, ma che di certo esercita un fascino via via crescente sul pubblico degli appassionati.
Paolo Viganò
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