Il prodotto Made in Italy più esportato è il vino; ma rilevanti sono anche le spedizioni all’estero di ortofrutta, di pasta, di olio di oliva e formaggi. Resta tuttavia purtroppo alta la diffusione nel mondo di prodotti contraffatti.
Volano le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani all’estero che, con un aumento del 38% dall’inizio della crisi, hanno raggiunto nel 2013 il record storico di 33,4 miliardi di euro. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio estero in occasione del Cibus, dalla quale si evidenzia l’importanza di tutelare le produzioni italiane a denominazione nell’ambito del negoziato sull'accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti (Transatlantic Trade and Investment Partnership).
La tendenza positiva - ha sottolineato la Coldiretti - continua nel 2014 con un aumento del 4% nei primi due mesi dell’anno. I 2/3 del fatturato realizzato all’estero si ottiene con l’esportazione di prodotti agroalimentari verso i Paesi dell’Unione Europea, ma il Made in Italy va forte anche negli Stati Uniti, con un valore di 2,9 miliardi e nei mercati emergenti come quelli asiatici. Il prodotto Made in Italy più esportato è il vino, che nel 2013 - secondo l’analisi della Coldiretti - ha fatto segnare il record storico delle vendite, che per la prima volta hanno raggiunto un valore attorno ai 5 miliardi di euro; ma rilevanti sono anche le spedizioni all’estero di ortofrutta, quelle di pasta, di olio di oliva e formaggi.
L'andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale, che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. Il rischio reale è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico, e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili.
L’agropirateria internazionale sui prodotti italiani vale 60 miliardi, con quasi 2 prodotti alimentari di tipo italiano su tre che sono falsi: è il caso del Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma in vendita ci sono anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America. Per non parlare del Romano, dell'Asiago e del Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti, dove si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di soppressata calabrese, asiago e pomodori San Marzano “spacciate” come italiane.
E in alcuni casi - continua la Coldiretti - sono i marchi storici ad essere “taroccati”, come nel caso della mortadella San Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in Canada. In questo caso, un appuntamento determinante è la trattativa sull'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip), che ha avuto una anticipazione nell’analogo negoziato condotto in Canada.
La presunzione di continuare a chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile, perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori. L’Unione Europea - sostiene la Coldiretti - ha il dovere di difendere prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione sotto un rigido sistema di controllo. Negli Stati Uniti sono stati prodotti nel 2013 oltre 200 miliardi di chili di formaggi di tipo “italiano” dal Parmesan all’Asiago, dal Provolone alla Mozzarella, fino al Gorgonzola, che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo Made in Italy.
Tratto da www.italplanet.it
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