Dopo alcuni anni passati a presentare vini, cantine ed eventi del mondo del vino, percorrendo migliaia e migliaia di chilometri, girando di cantina in cantina, ho deciso di dare ancora più spazio ai veri protagonisti di questo magico mondo, i produttori: da qui l'idea di farveli conoscere, intervistando uno ad uno tutti coloro che hanno avuto voglia di aderire a www.italiadelvino.com . Il progetto è ambizioso, perché si tratta di fare qualche centinaio d'interviste. Ho così deciso di avvalermi anche della penna di alcuni dei collaboratori-colleghi che mi hanno accompagnato in tratti di questo percorso. Il primo è Augusto Gentilli.
Mauro Giacomo Bertolli
2016-03-02 “Per la mia famiglia non è cambiato nulla: la parola è la parola!” Ecco, in una breve frase di Roberto, riassunta la filosofia di almeno sei generazioni di vignaioli impegnati a condurre l'Azienda Ghio Roberto a Bosio (AL), pochi chilometri a monte di Gavi. Oggi l'attività di famiglia è gestita, anche grazie all'aiuto e all'esperienza di suo padre, proprio da Roberto, nato nel 1977, e capace di coniugare una lucida e moderna visione imprenditoriale con una cultura profonda e antica che possiamo percepire in ogni sua parola e gustare in ogni suo vino.
Roberto potresti raccontarci gli eventi più significativi della storia della tua Azienda? Per quanto strano possa sembrare, sono state due alluvioni - quella del 1977 e quella del 2014 - i momenti di svolta nella storia della nostra cantina. Io non ho visto la prima alluvione - l'ho solo sentita raccontare - ma ho visto la seconda: ho visto le barrique e le botti galleggiare, le macchine di cantina andare distrutte e ho capito che era quello il momento in cui dare una svolta all'attività, rimboccandosi le maniche e investendo in vigneti e attrezzature nonché iniziando la mia attività con l'Osteria. Era il momento di ricostruire, crescere e andare avanti: l'ho fatto.
Quali sono gli aspetti essenziali che possono delineare al meglio la tua Cantina e la tua attività di vignaiolo? Senza dubbio la voglia di recuperare gli antichi vigneti e gli antichi vitigni, che rappresentano la manifestazione tangibile della storia del vino nel nostro territorio. Dal vino si può imparare e abbiamo il dovere di farlo.
Nella tua attività di vignaiolo mostri grandi interessi per alcune varietà antiche, in particolare per il Carica l'Asino e per il Nibiö, antico clone di Dolcetto, dal caratteristico peduncolo rosso, tipico del tuo territorio: quali i motivi di questa scelta? Come vengono accolti questi vini dai consumatori? Non credo alle mode e, in modo particolare, non credo alle mode nel mondo del vino. I consumatori oggi mostrano interesse per queste antiche varietà ma bisogna spiegare loro qual è il loro vero valore in modo che l'interesse si consolidi e che che questi prodotti vengano apprezzati per ciò che veramente rappresentano: un tesoro di storia, cultura e biodiversità agricola. È quindi necessario un grosso sforzo di comunicazione da parte di tutte gli attori coinvolti nella produzione, commercializzazione e divulgazione del vino.
I tuoi vigneti, in comune di Bosio (AL), sono i più vicini al mare di tutto il Piemonte: questo fatto come influenza i vini da te prodotti? La vicinanza al mare ha certamente effetti sulle vigne e sui vini che se ne ottengono. Un ruolo importante è svolto dal vento Marino che porta l'aria più tiepida e umida dal mare e che, talvolta, può purtroppo anche favorire alcune malattie della vite, quali l'oidio. La lunga storia commerciale e politica condivisa con le genti liguri, dovuta proprio alla vicinanza geografica, ha poi avuto un forte impatto sulla nostra terra facendo assorbire a noi - e ai nostri vini - la loro ben nota austerità.
La tua attività è da sempre a conduzione rigidamente famigliare: qual è, in relazione alla tua esperienza, il valore aggiunto di questa realtà? Ci puoi raccontare un aneddoto o un evento di storia famigliare che ritieni di particolare importanza? Io non conosco un altro modo di lavorare. Sono nato e vissuto in mezzo alle vigne e al vino e, per me, la famiglia e il vino coincidono. Se si parla del mio vino è come se si parlasse di me. Credo che il seguente episodio possa ben rappresentare cosa fosse la famiglia e come le sue regole riguardassero anche i nostri dipendenti. Molti anni fa, un uomo che lavorava per noi chiese un aumento a mio nonno che glielo concesse a patto che lavorasse dall'alba al tramonto: una stretta di mano suggellò il contratto. In una nuvolosa mattina d'estate, il dipendente si presentò in ritardo perché, a causa delle nuvole, il sole si era fatto vedere più tardi. Mio nonno non ebbe nulla da obiettare.
Il Gavi Docg è un vino capace di lunghi invecchiamenti: come si pongono i consumatori italiani di fronte a questo fatto - per noi culturalmente fuori dal comune - e come quelli stranieri? Gli italiani preparati capiscono ma sono prodotti difficili da proporre e da comprendere e sarebbe auspicabile una maggior presa di coscienza a riguardo; gli stranieri - in particolare americani e francesi - si mostrano, al contrario, molto più consapevoli dell'importanza dell'invecchiamento per il Gavi Docg, un aspetto che potrebbe rappresentare una chiave di volta per tutta la Denominazione.
Quale ritieni essere il tuo vino più rappresentativo e perché? Non credo di avere un vino più rappresentativo: tutti i miei prodotti rappresentano qualcosa.
Un piatto da abbinare a un tuo vino e perché? Il collo di gallina ripieno bevuto con La Vecchia - Dolcetto di Ovada Doc - perché mia nonna l'abbinava così.
Da anni ti occupi anche di ristorazione, prima con la Baita del Rio Gorzente nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo e, da qualche mese, anche con l'Osteria Piemontemare a Gavi: quali aspetti ritieni di particolare rilevanza nella gestione di queste tue attività? Ritengo fondamentale l'origine e la tradizione nella scelta delle materie prime e delle ricette. Ogni menù deve essere costruito a partire da un'idea, da una ricerca che riscopra la cultura del territorio nel cibo e nel vino. Inoltre, tutto deve essere realizzato in cucina e non devono essere utilizzati prodotti già parzialmente preparati.
La Canna e l'Orzo – Metodo Classico bianco Ottenuto da una cuvée di due basi ottenute da uve Cortese in purezza rispettivamente del 2007 e del 2013, a seguito di un affinamento sui lieviti di circa 20 mesi, questo Metodo Classico attrae immediatamente l'attenzione grazie al suo brillante color paglierino intenso impreziosito da più che evidenti riflessi dorati nonché da un perlage molto fine, persistente e avvolgente anche in virtù di una sovrappressione volutamente contenuta. Il naso, fine e complesso, è connotato da profumi di frutta gialla e tropicale nonché da sentori di fiori di ginestra, liquirizia, piccola pasticceria da forno, crema pasticcera e mandorle non tostate. L'ingresso in bocca è netto e compatto e colpisce per corpo, struttura e morbidezza; il tutto è sostenuto da una gradevole freschezza che gli conferisce equilibrio e grande piacevolezza di beva. La lunga persistenza permette di prolungare la gioia di un assaggio davvero da provare.
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Augusto Gentilli per www.italiadelvino.com
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