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Paolo Massobrio a ruota libera sui vini di Lombardia

Durante il Vinitaly ho avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata sulla Lombardia del vino con Paolo Massobrio, uno dei punti di riferimento della critica eno-gastronomica italiana, nonchè fondatore e presidente del Club Papillon. Ne è scaturita l'intervista riportata più avanti.

Paolo Massobrio a ruota libera sui vini di Lombardia

In essa particolari apprezzamenti per il Lugana, i vini valtellinesi ed il Moscato di Scanzo, oltre che per il Cruasè, anche se....leggetela e lo scoprirete

Io: In questi ultimi 18 mesi dalla Regione Lombardia, come del resto da tutte le altre Regioni d'Italia, sono partite molte richieste al Comitato Nazionale Vini perchè venissero riconosciute nuove Denominazioni (IGT-DOC-DOCG). Ce n'era davvero bisogno? Queste  nuove DOC che stanno nascendo hanno un significato dal punto di vista enologico o sono piuttosto operazioni di marketing e politiche finalizzate ad accontentare delle sotto-zone?

Massobrio: apprezzo molto l'impianto delle DOC, che nacque al nord, nel 1963, in ritardo rispetto alle esigenze storiche, grazie al lavoro del senatore Paolo Desana, che fu anche il primo Presidente del Comitato dei Vini DOC.
Ricordo che quando nacquero le prime DOC, sembrava quasi che fossero una sorta di medaglia data al territorio, che poteva anche creare consenso.
Oggi non è più così.
Se le DOC esprimono la volontà di affermare sempre di più il legame tra un prodotto ed un territorio, e una DOC permette quindi di coagulare delle forze, benvengano: tutto ciò che aiuta a fare sistema è buona cosa.
Certo che poi un marchio deve essere veicolato con investimenti adeguati al marchio stesso. Non si può pensare di affermare una DOC con poche risorse.
Per cui teniamo conto, prima di buttare via l'impianto che abbiamo per le denominazioni, del percorso che c'è da fare.

Io: fra i vini proposti dalle aziende presenti al Padiglione Lombardia ce n'è qualcuno che ti ha interessato in modo particolare?

Massobrio: Mi interessa molto la zona del Lugana: io credo che il Lugana sia il vero vino bianco secco lombardo importante, perchè ha anche una longevità notevole.
Mi piace poi registrare il dinamismo che vedo nelle DOC meno conosciute: ad esempio il Valcalepio ha una tenacia, un dinamismo che in passato non aveva.
L'Oltrepò Pavese è una realtà ondivaga: mi spiego meglio.Di fronte alle affermazioni dei propri prodotti, a volte ha degli exploit di comunicazione, a volte si siede. Questo tira e molla, questo procedere a strappi non fa il bene del territorio.
Diverso è il discorso sulla Franciacorta, che va sempre avanti, tanto che aumentano sempre di più le aziende che vogliono aggregarsi a questa denominazione.
Per quanto riguarda la Valtellina,  ho trovato dei nuovi produttori, che sicuramente faranno strada se avranno l'umiltà di imparare dai vecchi, di proseguire sull'impianto lasciato a loro da chi li ha preceduti.

Io: In Valtellina in questi ultimi anni diversi giovani, completato il loro percorso di studi, invece di cercare lavoro presso cantine già esistenti, hanno aperto, magari con l'aiuto delle famiglie, nuove cantine. Infatti il Consorzio di Tutela Vini Valtellina negli ultimi  5/6 anni credo che abbia aumentato di circa il 20% il numero degli iscritti

Massobrio: Tra l'altro il vino va molto bene, per cui chapeau. Ripeto però che è fondamentale il confronto ed il legame con ciò che viene dal passato.

Io: Cosa pensi di un prodotto di nicchia, forse non abbastanza conosciuto, prodotto in un numero limitato di bottiglie, come il Moscato di Scanzo?

Massobrio: E' un grandissimo vino, è la perla della Valcalepio, e tra l'altro è uno dei pochi prodotti che ha veramente una sua originalità tra i passiti italiani, soprattutto dal punto di vista degli abbinamenti. Ho un amico in Calabria, a Longobardi, paesino in provincia di Cosenza, che ha una degusteria in cui propone il Moscato di Scanzo in abbinamento a determinati dolci o formaggi.

Io: Cosa pensi della nascita di nuovi produttori, che si stanno aggregando in piccoli Consorzi, alcuni già riconosciuti, altri no, anche in zone non tradizionalmente vocate alla viticoltura, come ad esempio a Varese con i Ronchi Varesini, come nel Comasco e nella zona di Lecco, alcuni oltretutto con degli investimenti importanti?

Massobrio: Teniamo conto che se andiamo indietro di 150° anni e guardiamo la cartina geografica del vino, la provincia più vitata d'italia era quella che oggi coincide con la Provincia di Varese. Il vino quindi c'è sempre stato, poi le distruzioni portate dalla filossera hanno obbligato a fare delle scelte economiche diverse, per cui la vitè è praticamente sparita in quella zona.
Io conosco molto bene il vino di Como, sono stato allievo del Professor Miglio, e credo di essere stato un suo allievo prediletto non tanto per Scienze Politiche, ma perchè mi occupavo di vino. Ho fatto una tesi sul vino e lui fece il controrelatore. Molte volte abbiamo discusso del vino dell'alto Lario, del vino di Domaso che lui stesso produceva.
Stiamo quindi parlando di zone storicamente vocate: ben venga quindi il vino di Lecco.
Non a caso quest'anno ho premiato tra i 100 vini migliori d'Italia proprio un vino della provincia di Lecco.
Questa è la forza dell'Italia: l'originalità e la tipicità dei suoi prodotti. Questo è il solo modo in cui si può affrontare la globalizzazione.

Io: parlando di globalizzazione, c'è un dibattito sull'opportunità di creare, per un discorso di marketing sui mercati globali, una IGT Lombardia. Alcuni vedono la cosa positivamente, altri sono decisamente contrari. Tu cosa ne pensi?

Massobrio: Non saprei. Io arrivo dal Piemonte, dove abbiamo una DOC Piemonte. Se devo essere sincero, non mi sembra che abbia prodotto grandi cose. Vedo che c'è l'attenzione nell'affermare ad es. la DOC Monferrato piuttosto che la DOC Langhe: alla fine la DOC Piemonte risulta essere la meno importante anche dal punto di vista del marketing.
Le DOC Regionali sono nate tutte dopo lo scandalo del vino al metanolo, perchè allora noi avevamo poche produzioni "coperte" da DOC, e quindi poca produzione controllata. Hanno avuto fortune alterne: ad esempio in Toscana il risultato è stato positivo, perchè il brand Toscana è molto forte dal punto di vista del vino nel mondo, così come l'Alto Adige ed il Trentino. Per quanto riguarda la Lombardia sono un po' incerto: è sicuramente una regione del vino, ma io credo che debba vendere soprattutto il sistema Lombardia, che comprende vino, turismo, cultura e territorio.

Io: Cosa pensi del progetto Cruasè dell'Oltrepò Pavese?

Massobrio: Mi piace molto, è estremamente originale, sia dal punto di vista del marketing che del vino realizzato. Io sono un fan del pinot nero.
Ho sempre sostenuto che quando l' Oltrepò Pavese avrebbe fatto il proprio vino con il pinot nero, invece di vendere le uve al resto d'italia, sarebbe diventata una grande zona.
Il problema dell'Oltrepò Pavese è questa lentezza, questi strappi di cui parlavamo prima: c'è la promozione, poi ci si ferma, poi si litiga. In Oltrepò c'è molta litigiosità, e la litigiosità nel mondo del vino è il cancro peggiore, perchè può frenare lo sviluppo di un territorio. Anche coloro che potrebbero dare una mano per creare unità invece soffiano sul fuoco dell'una o dell'altra fazione: questo ha fatto del male all'Oltrepò.
Io stesso ne fui vittima in un'iniziativa organizzata in Oltrepò tempo fa alla quale non parteciparono le Cantine Sociali: fu un di meno per le Cantine sociali, non per la manifestazione.

Io: per concludere, se tu entrassi al Padiglione Lombardia con un amico che non ha mai assaggiato un vino lombardo, quali sono i 3 vini che gli vorresti fare sicuramente assaggiare?

Massobrio: Gli proporrei una Bonarda dell'Oltrepò Pavese con una fetta di salame, un Franciacorta ed un Moscato di Scanzo. Dimmi Mauro, sei d'accordo con la mia scelta?

Io: Direi di si, anche se avrei inserito anche un vino valtellinese, uno Sforzato od un Sassella Riserva

Massobrio: Condivido. Propongo allora che tu cambi la tua domanda, ed i vini da far assaggiare assolutamente al mio ospite diventino 4 e non 3. Cosa ne dici Mauro?

Io: Che sono d'accordo. Grazie del tempo che mi hai dedicato


Mauro Giacomo Bertolli

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